Il ciclismo può davvero diventare sport a pagamento?

E se il ciclismo non fosse più uno sport gratuito? Una delle caratteristiche principali degli eventi ciclistici è la possibilità per il pubblico di poter semplicemente mettersi in strada e assistere gratuitamente allo spettacolo offerto dagli atleti. Una pietra miliare vanto del nostro intero movimento, che potrebbe tuttavia cambiare. In alcuni grandi eventi esistono già delle zone a pagamento all’arrivo, in alcuni casi solamente affiancate (magari che permettono una miglior visione) a quelle gratuite, ma nuovi scenari potrebbero avverarsi.

In seguito ad una indagine condotta da Het Nieuwsblad presso gli organizzatori in Belgio, infatti, sui 22 interpellati la metà ritiene inevitabile che nel breve termine le corse diventino a pagamento. Il dibattito esiste da tempo e alcuni passi si erano già fatti, ma l’ampiezza del fenomeno sembra essere nuovo. Sottolineando come questo non sia un problema che avvertono al momento i grandi organizzatori delle corse principali, come Giro delle Fiandre, E3 Harelbeke o Gand – Wevelgem, il dato è in realtà ancor più preoccupante, perché a ventilare l’ipotesi, sentendone più che altro la necessità, sono gli organizzatori delle corse minori, coloro che indubbiamente hanno maggiore necessità di trovare nuovi fondi in un periodo economico di certo non florido.

Non è certo un segreto infatti che molte corse in questi anni hanno problemi di budget. Solo in questo inizio di stagione corse di un certo livello come La Méditerranéenne, Critérium International, organizzata dalla ASO, o perfino il Tour of Qatar, dove non si pensava di certo potessero mancare i soldi, hanno dovuto annunciare perlomeno una pausa. Molte altre corse sono ancora incerte, spesso proprio per mancanza di sponsor (ovvero di fondi). Un tempo erano gli enti locali a farsi carico di molte spese, ma ormai, con la crisi imperante, è sempre più difficile che il pubblico investa le somme necessarie per l’intera organizzazione di una corsa ciclistica, i cui costi sono piuttosto ingenti.

A questo punto l’idea sarebbe, perlomeno in un primo momento, di far pagare un biglietto di accesso nei momenti chiave delle corse. Come ad esempio il Giro delle Fiandre o la Nokere – Koerse, ma questo implicherebbe un ulteriore dispendio economico dovendo organizzare un servizio d’ordine aggiuntivo e delle delimitazioni. Situazione peraltro abbastanza complessa, se non facendo in modo che la corsa si concluda in circuito. In Belgio è molto comune, ma in altri paesi decisamente meno. In ogni caso, “sarebbe necessario un netto cambio di mentalità“, come sottolinea Rob Discart, della Golazo Sport, società organizzatrice, tra gli altri, del Giro del Belgio. Infatti, il “pubblico è abituato al fatto che le corse siano gratuite”.

E se questa difficoltà emerge da un organizzatore anche molto coinvolto nel ciclocross, dove le zone a pagamento in circuito sono pratica comune, è comunque segno che non si tratta di un cambiamento così facile. Se già in Belgio, dove il ciclismo è sport nazionale, non sarebbe facile far digerire un cambiamento (peraltro per certi versi solo parziale), quanto lo potrebbe essere in altre nazioni? Indubbiamente, le corse hanno bisogno di nuove forme di finanziamento. In un contesto in cui per le corse minori i diritti televisivi tardano ad arrivare, qualche soluzione va indubbiamente trovata. Anche in questa prospettiva, la rivoluzione nostrana con la Ciclismo Cup 2017 è da lodare e seguire con grande interesse…

Attenzione anche ad un altro fattore. Anche in virtù della sua gratuità al pubblico, il ciclismo ruota molto attorno al volontariato (o quasi). I comitati organizzativi sono spesso composti da volontari, soprattutto nelle corse minori, le città pagano a loro volta o permettono il passaggio della corsa (quindi l’occupazione di suolo pubblico) gratuitamente, le forze dell’ordine, a seconda dei paesi, si prestano senza costi aggiuntivi o comunque a tariffe particolarmente vantaggiose, ecc ecc. Tutte situazioni che potrebbero cambiare in maniera sostanziale se uno dei capisaldi dello sport popolare per eccellenza, l’unico che ti viene a trovare in “casa”, dovesse venire meno. A quel punto, maggior introiti potrebbero dunque voler dire anche maggiori costi e quindi potenzialmente non per forza maggior guadagno (anzi).

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6 Commenti

  1. Lo deve diventare!A patto,pero’,che dia allo spettatore uno spettacolo vero, almeno di 1h-1h30,totalmente visibile come lo sono le gare automobilistiche.
    Un passaggio ogni mezz’ora come al “mondiale di ciclismo su strada”non puo’ giustificare il pagamento di un prezzo.Il circuito non deve assolutamente superare i 5 chilometri.Questo lo scrivo continuamente all’UCI,agli organizzatori .Con i chip, i doppiaggi, non sono piu’ un problema,poi un distacco tra i primi di 5 minuti sono veramente rari nel ciclismo moderno.Cinque chilometri vanno bene per la formula uno o le moto GP andranno bene anche ai ciclisti!Tante tappe dei Giri e varie gare di un giorno(vedi giro dell’Emilia) dovranno concludersi in circuito,meglio se con qualche strappo.L’appassionato vuol tifare dal vivo il suo campione.Per stimolare il pubblico si dovra’ inserire il gioco,semplice,tipo superenalotto e come premi, i prodotti degli Sponsor legati alla corsa.
    Il CIRCUITO al massimo di 5 km accogliera’ anche le gare di attesa con i giovani in quanto la sicurezza sara’ curata al massimo. Gianfranco Di Pretoro,giornalista di ciclismo.

  2. Una competizione ciclistica non può svolgersi in un circuito di 5 km; sarebbe di una noia incredibile e sono sicuro che allontanerebbe molti spettatori, per non parlare delle trasmissioni che sarebbero noiosissime in TV. il Ciclismo è uno sport che attraversa luoghi, paesi, storia e tradizioni..non lo si può limitare in 5 km nemmeno in alcune corsa da un giorno.

    1. Dimenticavo un punto fondamentale che andra’ abbinato al CIRCUITO di 5 km.La drastica diminuzione dei km totali della corsa in linea(escludendo le pietre miliari esistenti ,immodificabili) o della tappa di un Giro,intorno ai 140 km o 4 ore di corsa.Il nuovo ciclismo,come in tanti sport si dovra’ basare sull’abilita’,sul ritmo e non solo sulla monotona resistenza.Oggi le gare sono sonnolente e scontate anche con le salite:la fuga tanto per far contenti gli spettatori e poi il raggiungimento negli ultimi km.Basta modificare il regolamento che prevede per gli Eventi World Tour distanze superiori a 200 km ed inserire piu’ traguardi volanti nel tratto in linea.Infatti,le gare di moto GP sono molto piu’ belle,combattute, perche’ durano 35 minuti mentre quelle delle auto,durata 2 ore,sono stancanti anche in tv.
      La gara perfetta, compreso il mondiale su strada :100 km in linea seguita seguita dagli spettatori all’arrivo dai megaschermi e 50 km in circuito(10 giri da 5 km con qualche strappo) vivibili dal vivo.Se poi ci inseriamo le scommesse sul piazzamento degli atleti partiti (tipo superenalotto),tanta musica e colori,due campioni che lottano tra loro e lo spettacolo è fatto anche per far pagare il biglietto d’ingresso…….ma economico, perche’ il ciclismo è e sara’ sempre uno sport popolare.Per concludere, vorrei portare due esempi di eventi che portarono un milione di spettatori grazie al circuito :un tappone dolomitico con la stessa salita ripetuta piu’ volte e Roma,Terme di Caracalla,Gran Premio ciclomotoristico delle nazioni,gli atleti provenienti dal percorso in linea,si mettevano dietro le moto per anelare piu’ giri.Ci siamo capiti!Nessuno vuole eliminare il tratto in linea,l’attraversamento di bei paesaggi ma la conclusione di pochi minuti non basta piu’ ai giovani spettatori abituati a sport dal ritmo televisivo.Bisogna rinnovarsi per concorrere ad un’audience gia’ penalizzato dall’orario pomeridiano delle fasi calde della gara.
      Saluti Gianfranco Di Pretoro -giornalista di ciclismo

  3. Il ciclismo è nato come sport del popolo e tale deve rimanere; competizioni in circuito sono impensabili, basta pensare a un tappone alpino come si metteno lo stelvio, il gavia o il mortirolo in un circuito? una soluzione plausibile sarebbe obbligare le squadre a versare un 5% del budget iniziale a un ente (UCI?) che ridistribuisca in modo proporzionale tra i vari organizzatori (ASO, RCS, …)in base al numero e tipo di corse organizzate, e la somma mancante rimane compito degli organizzatori attraverso sponsor enti locali ecc. Sorgeranno sicuramente problemi e contese sulla redistribuzione e qualcuno ci “mangerà” sopra, ma prendendo come base i costi dell’anno precedente si avrebbe una base non “gonfiata” e truccata.

  4. Il ciclismo non sarebbe ugualmente affascinante senza il pubblico lungo le strade, come abbiamo visto ai Mondiali di quest’anno, e credo proprio che, facendolo pagare, i tifosi diminuiranno parecchio. Se costretto, qualsiasi appassionato sarebbe disposto a spendere per andare sullo Stelvio, ma a quel punto rinuncerebbe a seguire le altre tappe alpine, o, ad esempio, una tappa di “trasferimento”, che invece sarebbe andato a vedere se passava sotto casa.
    Inoltre, nelle gare come la Tirreno (dato che si parla principalmente di gare minori, anche minori rispetto alla Tirreno-Adriatico), che non sono chiuse al traffico, mi chiedo come si possa mettere la corsa a pagamento. Chi si trovava a passare di lì per caso con la macchina cosa deve fare, pagare il tragitto come in autostrada o bendarsi gli occhi?
    Ho capito che per ora si parla soltanto di punti chiave, ma l’idea non mi piace. E i circuiti sono di una noia incredibile, sia da fare che da guardare. Opinione personale.
    Il bello di questo sport è averlo, almeno per noi Italiani, a portata di mano. Gira per le strade, e prima o poi sarà abbastanza vicino a casa per poterlo seguire. Passa una tappa e la vai a vedere, scendi in strada insieme ai tuoi conoscenti per tifare. Poi torni in casa o vai in un bar e guardi l’arrivo in tv.

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